La storia di Birra Peroni è legata a doppio filo alla storia dell’Italia e ne ha intersecato alcuni dei momenti più epici e drammatici: dalla battaglia per Roma Capitale alla Grande Guerra, dai precetti autarchici dell’economia fascista ai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, dal miracolo economico del Dopoguerra cui si accompagna la crescita degli stabilimenti, fino al definitivo affermarsi della società dei consumi e della birra made in Italy anche sui mercati globali.
Una radicata presenza industriale che si è evoluta nel segno delle trasformazioni sociali e culturali di un Paese, con cui l’Azienda intrattiene un rapporto di interscambio e che fornisce spunti e stimoli alla crescita aziendale ma anche complessità e sfide da affrontare.
Nel corso degli anni nei nostri stabilimenti sono passati capi di governo, autorità locali e alte cariche ecclesiastiche; delegazioni italiane e straniere in visita ad impianti considerati, ieri come oggi, un fiore all’occhiello dell’industria italiana.
Ripercorriamo in un racconto accompagnato da immagini alcuni capitoli di una storia istituzionale alla quale sottendono lavoro, dedizione e passione.
Birra Peroni nacque sabauda, nel 1846, ma già 18 anni dopo, nel 1864, affiancò alla fabbrica originaria di Vigevano uno stabilimento romano, destinato ad incrementare produzione e business e a giungere, cambiando e moltiplicando le sedi, ai giorni nostri.
La vicenda imprenditoriale di Francesco Peroni ebbe inizio con uno strappo coraggioso: Francesco giunse a Vigevano sul finire del 1845 e in quel paese era l’unico produttore di birra. Egli aveva tuttavia in mente qualcosa di diverso e di molto più grande: comprendeva che per uno sviluppo corposo del suo business avrebbe dovuto mettere a frutto quella mentalità imprenditoriale tipica dell’area piemontese-lombarda di cui si era nutrito.
Seguendo il movimento migratorio di molti/alcuni imprenditori dal nord verso il centro della penisola, Francesco precedette l’arrivo dei bersaglieri a Porta Pia e già nel 1864 aprì una seconda fabbrica di birra in quella che, solo 6 anni più tardi, sarebbe devenuta la Capitale del neonato Regno d’Italia.
Chiusa la vicenda lombarda, con la morte di Francesco nel 1894, le energie furono concentrate esclusivamente su Roma, dove i figli Giovanni e Cesare diedero avvio a una azienda moderna e di aspirazione nazionale. Qui, a fine Ottocento, operavano ben 13 fabbriche di birra, piccolissime realtà produttive in mano straniera, prevalentemente svizzera.
I Peroni investirono sin da subito su dotazioni industriali moderne che assicurassero loro una posizione leader nello scenario romano – sia per dimensione dell’attività produttiva e manodopera impiegata sia per la preferenza accordata dai consumatori – e da leader italiani in un mondo birrario di matrice straniera.
Tanto era giusta la visione di Francesco che la fabbrica romana, con produzione e annessa vendita, si spostò per ben tre volte tra il 1864 e il 1901, assecondando la crescita dei volumi, per approdare col nuovo secolo alla “cittadella” Birra Peroni di Porta Pia.
Alle soglie dell’entrata dell’Italia in guerra, nel 1915, il consumo pro capite romano raggiunse i 13 litri annui, contro i 2,2 litri della media nazionale. Negli eleganti café chantant del centro, nei caffè dei quartieri ad alta densità turistica, come nelle trattorie e negli “spacci” dei quartieri più popolari, la birra riscuoteva sempre più il favore della clientela e Peroni era la prima scelta.
I numerosi premi alla qualità, ricevuti da Birra Peroni in contesti nazionali ed internazionali, tra cui spiccano le esposizioni universali di Parigi, Marsiglia, Torino, incoraggiarono a proseguire nella via intrapresa.
La crescita dell’azienda avvenne seguendo precise direttrici strategiche: dopo aver unito la produzione e la vendita di birra e ghiaccio, per sfruttarne le sinergie commerciali, Birra Peroni puntò gli occhi sul Sud Italia, un mercato di grandi potenzialità, visti gli elevati consumi estivi e il modello di consumo “condiviso”, tipico della società meridionale.
Nel 1924, con l’inaugurazione del nuovo stabilimento di Bari, si aprì un periodo glorioso, che sebbene interrotto dal conflitto mondiale portò Birra Peroni ad operare su 8 unità produttive, ad assorbire gli impianti e la clientela di numerose fabbriche situate nell’Italia centro-meridionale e a moltiplicare su tutto il territorio nazionale il numero dei depositi concessionari, alcuni dei quali trasformati in centri di imbottigliamento.
Nelle zone popolari delle città sedi di fabbrica furono aperti “spacci” diretti dei prodotti Peroni, la cui gamma negli anni Trenta venne ampliata con nuovi formati e con nuove bevande agli agrumi, in osservanza dei dettami della politica economica del governo fascista a supporto della produzione agricola nazionale. Le bevande alla frutta prodotte da Birra Peroni ebbero immediato successo di consumo e riconoscimenti istituzionali.
La guerra spazzò via propositi di crescita e progetti innovativi, ma non piegò l’azienda, che subì l’occupazione prima tedesca e poi alleata delle proprie fabbriche e alcuni bombardamenti pesanti.
Dopo la guerra nuovi orizzonti si dischiusero per l’Azienda, cellula di trasformazioni più vaste: i cambiamenti sociali e di costume portati dal benessere economico, a partire dagli anni Cinquanta, generarono un aumento delle occasioni di consumo. La birra non era più un prodotto elitario, ma entrava a pieno titolo nelle abitudini alimentari italiane.
Come diretta conseguenza, negli anni Sessanta ed in seguito, il consumo domestico di birra subì un incremento costante, catapultando il settore birrario nel mondo della distribuzione alimentare. Grande input alle vendite fu dato dall’immissione sul mercato di una nuova birra, destinata da allora in poi a riscuotere ampi successi: la birra speciale Nastro Azzurro, nata nello stabilimento di Napoli nel 1963 e insignita nel 1965 di un importante riconoscimento internazionale, ricevendo il primo premio in una competizione tra le birre lager di tutto il mondo.
La popolarità dei marchi Peroni ebbe una vera e propria impennata nella seconda metà degli anni Sessanta, con l’avvio delle campagne pubblicitarie televisive. Da allora in poi Peroni divenne sinonimo di birra in Italia.
Dagli anni ’50 ai primi anni ’70 Birra Peroni salì alla ribalta nazionale per l’inaugurazione di ben 4 nuovi stabilimenti: Napoli, Bari, Roma e Padova.
Progettati dallo studio americano Harley, Ellington and Day, architetti in Detroit (U.S.A.) e dallo studio romano Racheli, le nuove fabbriche attirarono l’attenzione di industriali e media di tutto il mondo: erano i primi stabilimenti di birra costruiti ex novo in Europa dopo la guerra e rappresentavano il top della modernità organizzativa e gestionale.
Le inaugurazioni furono occasioni di celebrazione e di orgoglio per proprietà e dipendenti. Immancabili al taglio del nastro, le figure istituzionali nazionali e le alte cariche ecclesiastiche.
L’eco dei successi nazionali giunse oltreoceano: costituendo l’I.BI.MI, industria imbottigliamento bevande, Birra Peroni strinse un accordo per imbottigliare Pepsi Cola in Italia. Ecco i vertici dell’azienda celebrare la collaborazione con gli azionisti di Pepsi Cola, tra cui una splendida Joan Crawford, membro del Consiglio d’amministrazione di Pepsi Cola e volto dell’azienda nel mondo.
Le inaugurazioni proseguono negli anni ’70 con Roma e Padova, impianti attualmente ancora esistenti e oggetto di costanti e poderosi investimenti.
Con il cuore commerciale, identitario e industriale ostinatamente saldo in Italia, Birra Peroni si affacciò sui mercati internazionali sin dal periodo anteguerra, nelle colonie italiane e nelle aree oltreoceano di immigrazione italiana. Ma è dagli anni del boom economico in poi, e sempre più dagli anni Settanta/Ottanta del Novecento, che Birra Peroni è diventata uno dei simboli del Made in Italy conquistando, in special modo con Nastro Azzurro, mercati importanti negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Australia.